Dalla lettura delle notizie quotidiane risulta chiaramente evidente che questo è il tempo del private equity e più in generale dei mercati globali. L’attenzione all’economia reale, i bassi rendimenti, le ipotesi di inflazione, le pensioni, il risparmio sono tematiche che creano, tutte indistintamente, un “gancio” per introdurre argomentazioni legate agli investimenti nei mercati privati.

Nelle mie conversazioni, che nella settimana appena passata hanno coinvolto interlocutori che realmente sono ad estremi geografici lontani che spaziano da Singapore a Seattle, il filo conduttore è unico. Gli investitori istituzionali continuano a investire e a incrementare le posizioni in mercati privati, e gli intermediari del wealth management e degli schemi pensionistici individuali (come, ad esempio, i 401K’s americani) stanno insistentemente cercando soluzioni di “democratizzazione”.

Ma queste informazioni probabilmente aggiungono solo conferme ampiamente attese dai nostri lettori. Per questo, scriverò del tempo del private equity in un’accezione musicale – nella quale per tempo del private equity intendo l’andamento o la velocità delle dinamiche di questa asset class.

Perché rileva il concetto di tempo nel private equity?

Il tempo è considerato un fattore importante nel private equity per diversi motivi.
1 – In primo luogo, il private equity è considerato l’asset class a lungo termine per definizione. Il concetto di capitale paziente a cui questa asset class è associata è una delle principali narrative cui i nuovi investitori devono abituarsi, se non altro per la pluriennale (di almeno sette anni) illiquidità strutturale dei veicoli di investimento che essi vanno a sottoscrivere. Brevemente, a mo’ di promemoria, i fondi di private equity, nella loro forma più tradizionale “a chiamata”, hanno una tipica durata contrattuale di 10 anni, i primi cinque dei quali sono definiti periodo di investimento e, i successivi cinque, periodo di disinvestimento. Accanto a questa struttura, esiste una moltitudine di alternative di investimento con modalità differenziate di investimento e diverse scadenze contrattuali, che vanno dai club deal, in cui non esiste nessun impegno a investire, ai veicoli di capitale permanente, che per definizione non hanno una scadenza predefinita.
2 – In secondo luogo, il tempo è un elemento necessario per la costruzione di un programma di private equity. La caratteristica della liquidazione degli investimenti nei veicoli di private equity implica la necessità di reinvestimento per il raggiungimento e il mantenimento del programmato livello di asset allocation. Come noto, a livello di singolo fondo, il Net asset value (Nav) ha un andamento dapprima crescente, con l’accumulo progressivo delle contribuzioni di capitale richiamato (e i ragionevolmente attesi guadagni in conto capitale) e successivamente decrescente, con la successiva realizzazione degli investimenti in portafoglio. Per questo meccanismo di liquidazione, per mantenere un certo livello di investimento occorre inizialmente il tempo per raggiungerlo e una strategia di lungo periodo per creare una ragionevole sincronizzazione tra i flussi di disinvestimento e quelli di nuovo investimento.

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